lunedì 30 giugno 2014

Spec Ops: The Line - La violenza è troppo facile

Walt Williams, sceneggiatore di Spec Ops: The Line: "Uccidere nazisti non è un problema. Sono fondamentalmente dei demoni".

I nemici di Spec Ops: The Line, invece, sono stati creati per avere carattere. Ucciderli è un'azione pesante, dovevi prenderti delle pause anche se ti stavi divertendo.

Williams definisce il titolo come "un esperimento" che vedeva la violenza come componente fondamentale all'interno della narrazione, ma non come qualcosa di fine a sé stesso. Volevano dare senso alla violenza.

Walt crede che la maggior parte degli sparatutto desensibilizzi l'utente alla violenza nel gioco (e non nella vita reale). E ha ragione. Cazzo, se ha ragione. 

Un pomeriggio d'estate: sto segando in due un nemico su Gears of War come se niente fosse, e ammetto che mi piace. Mia nonna, invece, se ne va disgustata. Sorvolando sull'essere chiusi nei confronti dei videogiochi, la reazione è interessante. Quasi tutte le persone che conosco e che non hanno mai toccato un pad in vita loro reagiscono alla morte nei videogiochi in maniera totalmente diversa, un qualcosa che trovo affascinante. 




"Da piccolo avevo paura degli splatter, ora non mi fanno più niente", una cosa così. Ma allora, se la violenza gratuita ci ha resi insensibili nei confronti di quei mucchi di poligoni e texture, perché non rendere la morte forte? Penso a The Walking Dead, dove le mie reazioni sono state più umane che mai. Giocando a Call of Duty, invece, mi sento vuoto, una macchina che avanza sparando. La morte non ha importanza, contano solo le esplosioni. 

In Spec Ops: The Line dopo uno scontro provavo sensazioni strane, un evento unico per uno sparatutto in terza persona: i nemici si rotolavano nella sabbia, le mani sporche di sangue, il respiro debole. Mi sentivo in colpa. Avrei voluto urlargli "Smettetela, dannazione, siamo qui per aiutarvi!", ma loro hanno continuato a sparare. E sono tutti morti.

Ecco uno dei motivi per cui amo questo gioco: mi sentivo un salvatore, non un soldato.. e alla fine ti rendi conto che è l'esatto opposto. Il giocatore, così come Walker, crede di essere qualcosa che non è. Non sei un eroe, mi spiace, ma solo un assassino. 

Walker diventa un contenitore di emozioni (quelle del giocatore), specie dopo l'attacco col fosforo bianco. Scatta qualcosa nel cervello del giocatore e inizia a farsi due domande sul suo lavoro, sul perché. 

"Bisogna vedere i nemici non come un ostacolo, ma come personaggi. Sono delle vittime di violenza".

I nemici nel gioco hanno tre stadi di evoluzione, proprio come il personaggio principale e il giocatore: sicuri, cauti e spaventati.

Il giocatore arriva a Dubai, è sicuro, lui è un soldato americano, ce la farà. Le sue convinzioni sul mondo in cui si è immerso presto crolleranno. 

Dubbio: non è come sembra. Presa di coscienza.

Spavento: il gioco mostra la sua vera natura, il giocatore è trascinato in un vortice di violenza, messaggi, frasi criptiche e scene incomprensibili. 

Essenzialmente, Williams dice che la violenza c'è perché c'è poca creatività, non si sa come risolvere il problema. I giocatori sarebbero disposti a uccidere tre, massimo quattro nemici in un gioco da otto ore con conseguenze psicologiche per il protagonista? E magari rendiamole speciali queste uccisioni, eh?

domenica 29 giugno 2014

[Analisi] Assassin's Creed - La bellezza della ripetitività

Lo ricordo come se fosse ieri, il giorno in cui comprai Assassin's Creed. Ero da poco entrato nella nuova generazione, possedevo ancora una TV a tubo catodico e l'esperienza che più si era avvicinata a quello che per me era il mio gioco ideale fu Metal Gear Solid 3. Di Assassin's Creed sapevo poco, il medioevo non mi è mai piaciuto, un periodo tanto affascinante quanto buio.. però il cappuccio, la vista aerea, la lama celata, le scalate, fecero scattare qualcosa in me. Ero attratto dalla figura di Altair, la sua immagine era potente e assolutamente unica, non si era mai visto niente del genere in giro. C'era palesemente un certo tipo di lavoro dietro quel personaggio, una firma che avrebbe accompagnato la saga per anni. 

E' ripetitivo per motivi precisi, motivi che il pubblico e la stampa (salvo rarissimi casi) non hanno colto, perché troppo attaccati alle vecchie concezioni di videogioco, ovvero l'offrire tanto per divertire tanto, un modo di fare videogiochi che tutt'ora è in voga, purtroppo, e che danneggia spesso la narrazione e la credibilità di quell'universo. Quanto sarebbe stato stupido vedere Altair che consegna lettere e pesta mariti infedeli senza ricevere un aiuto per la sua missione? E' chiaro che Ubisoft, con Assassin's Creed II, ha preferito ascoltare l'utenza anziché continuare con quel tipo di narrazione che funzionava così bene. E' l'ennesima prova che ascoltare i fan, a volte, non porti a nulla di buono, anzi..

Cerchiamo di analizzare la ripetitività tanto odiata del primo Assassin's Creed: prima di tutto è un gioco che si è posto l'obbiettivo di essere credibile (non realistico), mettendoti nei panni di una macchina che ripete in loop una serie di azioni che lo portano al completamento del suo lavoro. I momenti meno ripetitivi del gioco sono quelli dove Altair non è un burattino nelle mani di Al Mualim, quelli dove l'Assassino prende in mano la situazione uscendo fuori dagli schemi (di gioco) che il suo Maestro gli ha imposto, spesso con conseguenze drastiche. 

Il primo capitolo ci mostra il periodo d'oro di Altair, totale devozione fisica e mentale all'Ordine (e meno ai suoi principi), come poi farà Connor qualche capitolo dopo. Anche al giocatore viene chiesto lo stesso: non ci sono svaghi qui a Gerusalemme, ritenta al prossimo capitolo. Hai un solo scopo e sta a te decidere come portarlo a termine. 

Viaggia > indaga > preparazione > assassinio

e così via. Il modus operandi degli Assassini siriani è l'uccisione in pubblica piazza, un messaggio formato azione che l'Ordine Templare riceverà. Non ha senso chiedere altro, perché la storia stessa lo dice: Altair è un Assassino, fa cose da Assassino e il mondo intorno a te reagisce di conseguenza.



Chiedete a qualcuno se ha mai utilizzato le mappe e le note di Altair ottenibili dopo le indagini e vi renderete conto di come il 90% dei giocatori abbia giocato in modo sbagliato. Le meccaniche di gioco e i principi del Credo diventano una cosa sola, altro esempio di ottima narrazione, mettendo davanti al giocatore un mondo coerente e con delle regole da rispettare, regole che non possono essere infrante a causa della storia. 

E' un videogioco nel videogioco e non ha paura di dimostrarcelo:

inizialmente Desmond è teso, Warren e Lucy lo stanno spingendo troppo oltre, la sua mente non regge, la sincronizzazione non è stabile. Più o meno come mi sentivo io quando iniziai a giocare ad Age of Empire II. Il giocatore cerca di andare ben oltre le sue capacità e fallisce, dovendo cominciare dalle basi.

Dunque, per far mettere a proprio agio Desmond/il giocatore, l'Animus (che giustifica anche l'HUD e il corridoio mnemonico) fa partire il tutorial che introduce non solo il giocatore ai comandi, ma anche ai principi del Credo, la base su cui si poggia il gameplay del titolo, come detto più sopra.

Sempre parlando di gameplay, il gioco possiede un combat system del tutto opzionale il cui uso sarà obbligatorio soltanto in 3-4 parti in 10 ore di gioco. Altair migliorerà (in tutti i sensi) insieme al suo equipaggiamento e il giocatore avrà la possibilità di eseguire nuove mosse, che però non sempre sono giustificate narrativamente parlando. Certo, a inizio gioco Altair può fare tutto e solo quando verrà degradato gli sarà tolta la possibilità di afferrare i nemici.. cosa che trovo stupida e fin troppo "videogioco" anche per una simulazione virtuale. 



Per concludere, vi racconterò di un dialogo avuto con un amico anni fa a casa sua. Giocando ad Assassin's Creed incappammo in un leggero bug che vedeva Altair intrappolato letteralmente a metà in un muro di Acri. Lo scambio di battute è il seguente ed è la prova di quanto il concetto stesso su cui si poggia Assassin's Creed e le sessioni nell'Animus sia potente:

- Che palle, e mo' come ne usciamo?
- Vabbè, dai, vedilo come un bug dell'Animus. Questa versione è pure antiquata! 

Capito?